martedì 3 marzo 2009

Viaggio alla ricerca di…

Ok, dopo un mese di viaggio, è il momento di parlare della vera missione di questa avventura… perché si dice sempre che il viaggio è una metafora della vita, che in realtà viaggiamo alla ricerca di noi stessi… etc … etc… per dirla con Mina: parole, parole, parole.
Qual è il mio vero obiettivo quando viaggio? Scommetto che qualcuno lo sa già, ma preferisco essere chiaro, mettere tutto nero su bianco: oggi si parla di… fi…
…datevi che adesso ne parliamo… parliamo di… fi…
…guratevi se non ne parlavo, prima o poi, nel blog… è il momento di parlare di … fi…
…nalmente si parla di cibo!!!
È questa la vera missione che perseguo quando viaggio: il CIBO!!!
È un fatto culturale: dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei… vabbè, diciamoci la verità: più che un fatto culturale, è un fatto “de panza”: “mens sana in corpore sano” recitavano gli antichi… ma “corpore sano cum panza piena est” aggiungo io… saggezza da routard!
Dato che questo è il mio blog, mi permetto un breve approfondimento su me stesso, e sul rapporto che ho con il cibo, soprattutto quando viaggio: partiamo da alcuni flash del passato (Parigi, NY e Firenze), per poi arrivare al presente (Argentina)

1) Parigi,  maggio 1997 (o giù di lì…)
Dopo una serata balorda, sono in camera con Dario, che gentilmente mi ospita nella capitale francese per un paio di giorni (il balordo è finito a lavorare a Parigi per evitare il servizio militare in Italia… ottima scelta!). Esausti, stiamo chiacchierando prima di crollare nel sonno più profondo, quando Darietto mi fa:
“Sandro! Seriamente: secondo te qual è la cosa più bella al mondo?”
“che cazzo di domanda… però, seriamente… secondo me MANGIARE!”
E lui, abbracciando il cuscino con un ghigno beato: “No!.... DORMIRE!!!”
Il fatto è che io ero terribilmente serio. Il problema è che anche lui lo era…

2) New York, novembre 1999
Arrivo a NY il weekend della Maratona (ovviamente a mia insaputa…). Non avendo prenotato nessun alloggio, non trovo nessum posto per andare a dormire ad un prezzo umano, quindi faccio il vagabondo per la Grande Mela e passo la prima notte in bianco. La mattina seguente trovo posto in un ostello di fronte a Central Park, dove spendo 15 dollari a notte (ne faccio due). Totale spesa per dormire 3 notti a NY: 30 dollari.
Perché racconto tutto ciò? Semplice, perché a mezzogiorno del secondo giorno vado a pranzo al Blu Oyster Bar della Grand Central Station, posto rinomatissimo per il pesce, e ordino una insalatina di crostacei per la modica cifra di 35 dollari (più di 70000 lire dell’epoca…).
Sono quindi riuscito a spendere più per una insalata che per dormire 3 notti a NY…

3) Firenze, giugno 2007
Sono in giro per la toscana in bici per alcuni giorni, armato di borse, tenda, sacco a pelo, e soprattutto navigatore satellitare TomTom. Il TomTom non mi serve tanto per le strade, quanto perché fra i punti di interesse ho scaricato da internet le osterie consigliate dalla SlowFood.
Per chi non lo sapesse (pochi, mi auguro), questa associazione seleziona osterie con una filosofia che si può riassumere così: in antitesi al fast food, SlowFood ricerca luoghi dove si mangia bene, con calma e in un ambiente confortevole.
Ma torniamo a noi, anzi a me e alla mia bici in Toscana. La giornata tipo: tutto il giorno in bici pedalando nei paesaggi meravigliosi del Chianti e delle Crete Senesi; poi una volta trovato un posto per dormire, scatta la ricerca (tramite TomTom) di una osteria in zona. Non c’è niente di meglio di un’ottima cena (vedi punto1), soprattutto dopo un giorno intero in bici.
Ultimo giorno, da Siena a Firenze (da dove nel pomeriggio prenderò il treno per tornare nella grigia Milano). Parto alla mattina, e arrivo nella capitale toscana giusto per pranzo, attivo il TomTom e… eccola: Cibreo
Immaginatevi in che condizioni entro nel locale: reduce da 70km di bici sotto il sole, vestito come un deficiente (pantaloni da ciclista, maglietta di cotone, bandana rubata al mercato) entro affamato in questo posto, e solo dopo essermi seduto realizzo che non è propriamente un’osteria “alla buona”, ma in realtà un ristorante di lusso: tovaglia di lino, posate d’argento, una sfilza infinita di bicchieri… imbarazzato, ma fiducioso nella “bibbia” SlowFood, evito di scappare e mi faccio portare il menù, che però consiste in un foglio scritto a mano che recita, più o meno: “il nostro maitre sarà felice di suggerirLe di persona le pietanze del giorno”. Vabbè… arriva al mio tavolo una tipa bruttissima, si siede (giuro!) ed inizia a farmi una supercazzola infarcita di termini francesi. Ovviamente io non mi accontento di un piatto di pasta (come logica e portafoglio consiglierebbero), ma accetto la sfida, e ci do dentro. Ad un certo punto, mentre sto mangiando, la maitre si presenta al mio tavolo con in mano uno sfilatino di pane lungo mezzo metro, ed orgogliosamente mi fa: ”gradisce un osso di mammuth? E’ pane di patata fatto artigianalmente nel nostro forno, e che noi abbiamo battezzato in questo modo così originale…”
Risposta: “vorrebbe avere la compiacenza di infilarselo su per lo sfintere anale?” (in realtà questa frase è rimasta nella mia testolina, mentre accennavo un delicato “no, grazie” condito da un sorrisino beffardo).
Conto: 82 euro… non male per il pranzo di uno che si muove in bici dormendo in campeggio.
Esco maledicendo internet ed il sito da cui avevo scaricato le osterie per il TomTom; salgo in bici, giro l’angolo e trovo l’Osteria del Cibreo: io avevo pranzato al ristorante, che ha in comune con l’osteria la cucina, ma si differenzia per il servizio (e soprattutto per il prezzo…. vaff…)

Dopo queste 3 perle, eccoci ad oggi, all’Argentina.
C’è una formula matematica, anzi un postulato, un assioma che recita ARGENTINA = CARNE PIU’ BUONA DEL MONDO.
E’ vero, ed il motivo è semplicissimo: questa nazione è un immenso pascolo, dove le bestie vivono in libertà, mangiando in modo naturale. È bello passare per le Pampas in autobus, guardare dal finestrino una mucca che bruca beatamente in un campo sterminato, farle “ciao ciao” con la manina e pensare “ci rivediamo presto, a tavola…”
Molti ristoranti (ma fortunatamente alche qualche ostello) ostentano con orgoglio all’ingresso, ben visibile dall’esterno, la griglia (parrilla), spesso di dimensioni mastodontiche (per carita', nessuna parentela con l’osso di mammuth…).
Carne, si diceva… ed in particolare la regina dei tagli: el bife de lomo (filetto). Qui ho iniziato ad apprezzare la carne al sangue, scottata all’esterno in modo da formare una leggera crosticina, ma tendente al crudo all’interno.
Personalmente penso che, a tavola, non ci sia niente di più semplice e buono al mondo. E se poi si riesce ad accompagnare il tutto con un ottimo Malbec di Mendoza (zona rinomata per il vino), il Paradiso è molto vicino…
Certo, dal punto di vista culinario è possibile avvicinare le porte del Paradiso in molte parti del mondo, in particolare in Italia: si potrebbe parlare di Fiorentina piuttosto che di Amarone… ma non è la stessa cosa: il Bife de Lomo in Argentina è qualcosa di indescrivibile: non è solo una questione di sapore, è tutto l’insieme che fa di questo pezzo di carne la cosa più tenera, gustosa, profumata che esista.
È come la fi… gurarsi se non lo avete capito…